lunedì 15 gennaio 2024

L'arte profumatoria italiana nel XVIII secolo

Pietro Longhi - La Toeletta
Che la moda “all’Italiana” sia stata fonte di grande ispirazione è risaputo. Arti sartoriali, culinarie, letterarie: quella terra ricca di passione e fantasia dell’Italia, è stata musa ispiratrice di artisti ed intellettuali di ogni epoca. Tendenze, gusti e stili “italiani” hanno conquistato i più raffinati ed influenti personaggi che ne hanno riconosciuto e ammirato la spiccata tendenza ai temi romantici e la variopinta espressività. Del resto nel Rinascimento fu l'Italia a dettare le mode: "Quando l'Italia era maestra al mondo non soltanto nelle arti ma nel vivere civile, Beatrice d'Este duchessa di Milano, veniva lodata dal suo panegirista Muralto come "novarum vestium inventrix". Sua sorella, Isabella d'Este, marchesa di Mantova, era giudicata maestra di eleganza" ed è ben nota l'influenza che più tardi ebbe Caterina de' Medici in Francia. Il fatto che le corti italiane fossero un ammirato modello estetico e comportamentale è comprovato dal fiorire di trattati, presto tradotti, che contemplavano anche le mode e dalla pubblicazione di repertori che informavano sulle fogge vestimentarie europee e mondiali che sfoceranno nel monumentale "Degli Habiti Antichi, et Moderni di diverse Parti del Mondo" del Vecellio (1590). A questo ricco repertorio fece da contrappeso il milanese "Libro del Sarto", antesignano dei cataloghi di moda redatto a metà Cinquecento per diffondere le creazioni di Giovanni Jacopo del Conte. 
Con il mutare della situazione politico-economica, a partire dal Seicento l'Italia perse il suo primato di "influencer", anche se il suo passato glorioso nel campo culturale e mondano non fu mai del tutto archiviato; a resistere fu  soprattutto l'ambito musicale: la lingua del melodramma fu sempre l'italiano. Anche per questo lo studio della lingua italiana era tenuto in gran conto; l'italiano era una lingua di nicchia, studiata e parlata perché considerata la lingua della cultura e della musica. La stessa Maria Antonietta ebbe per insegnante di italiano un maestro d'eccezione: Metastasio, poeta e librettista, considerato tra i padri del moderno melodramma. 
Ciò che, invece, è meno risaputo, è che l’Italia fu fonte d’ispirazione anche per tendenze mondane più esclusive, come l’arte profumatoria e cosmetica del XVIII secolo. 

giovedì 19 gennaio 2023

Maria Antonietta e i suoi figli nel dipinto di Madame Vigée Le Brun

Nonostante l'insuccesso del grande ritratto di Wertmuller, in cui la regina è ritratta con il primo Delfino e Madame Royale, D'Angivillier, sovrintendente alle arti, non aveva rinunciato all'idea di presentare al pubblico l'immagine di Maria Antonietta glorificata nel suo ruolo di madre. Così, nel settembre del 1785, un nuovo lavoro fu commissionato a Madame Vigée Le Brun.
Alla pittrice fu offerta la cifra colossale di 18.000 livres (circa 180.000 euro odierne) ma ella avrebbe dovuto attenersi ad alcune istruzioni. L'opera avrebbe dovuto essere monumentale e avrebbe dovuto rappresentare la sovrana, nei suoi appartamenti, con i suoi bambini, al fine di testimoniare la solidità della corona e di illustrare un ideale di virtù domestica.

L'elaborazione del dipinto non fu senza problematiche perché la pittrice inizialmente non aveva idea di come disporre la composizione e impiegò ben due anni per completare quello che è considerato il suo capolavoro.
Elisabeth si ispirava spesso a Raffaello e chiese consiglio al collega David che le suggerì di ispirarsi alle Sacre Famiglie del tardo Rinascimento presenti al Louvre. Il dialogo tra i due colleghi fu riportato dal collaboratore di David nelle sue memorie:

"Ma mio caro David, non temete che potrebbero accusarmi di plagio?"
"Prendete da li tutto quello che vi serve, vi garantisco che dopo che avrete sistemato qua e la tutta una serie di abbellimenti alla moda, nessuno potrà rendersi conto che avete preso spunto da una composizione di Raffaello. Fate come Molière. Prendete ciò che volete, dove volete".

martedì 6 dicembre 2022

La prima rappresentazione di un Albero di Natale

La piccola incisione realizzata da Joseph Kellner negli anni '80 del Settecento e conservata presso la Collezione Grafica Statale di Monaco di Baviera, mostra una famiglia agiata nel giorno di Natale. In un angolo della stanza c'è un albero che ad un esame più attento risulta essere un fascio di rami di bosso. I rami sono decorati con gli "Springerle", biscotti tipici della Germania del sud, a base di anice, con delle mele e con l'immagine di un angelo illuminato dalle candele.



La principessa Palatina, in una lettera a sua figlia Elisabetta Carlotta divenuta duchessa di Lorena (futura nonna paterna di Maria Antonietta) ricordava non senza nostalgia l'albero di Natale della sua infanzia e i relativi doni che venivano fatti ai bambini per il giorno di Natale: "Non so se da voi c'è il diletto in uso in Germania chiamato Christkindl, cioè bambin Gesù (tradizionale portatore di doni di Natale nei paesi germanici), dove i tavoli vengono disposti come altari e guarniti di doni per ogni bambino, vestiti nuovi, soldi, sete, bambole, caramelle e ogni genere di cose. Alberi di bosso vengono disposti su questi tavoli e a ciascun ramo viene attaccata una candelina: l'effetto è bellissimo."


La descrizione rilasciata dalla Palatina è perfettamente in linea con tutti gli elementi raffigurati nell'incisione di Kellner che ad oggi è la prima rappresentazione che si conosca di un albero di Natale.

martedì 29 novembre 2022

Unseen Versailles

 "I luoghi che una volta la conobbero, la conoscono da sempre. A Versailles, dove una domenica pomeriggio andammo a vedere i giochi delle grandi fontane, sentimmo ovunque la sua meravigliosa presenza. Camminava sorridente lungo la sala dei banchetti e lo scalone d'onore, e fuori sulle terrazze e accanto alle fontane. Stava in piedi, bianca di terrore, ma ancora tutta regina, sul balcone da cui, ottantasei anni fa, guardava la folla ululante e assassina. Ci ha preceduti, fuori dal grande cancello, prigioniera. Nessun'altra regina, nessuna amante reale, infesta così il grande palazzo... ma lei è lì, non per il potere della sua bellezza o sventura, ma per la grazia della sua penitenza." (Grace Greenwood, 21 novembre 1875, The New York Times)

Nelle immagini a seguire alcune fotografie di Deborah Turbeville celebre per il romanticismo e per le atmosfere inquietanti dei suoi scatti. 








Alla fine degli anni'70 la fotografa viveva a Parigi e avrebbe voluto curare un servizio di moda all'interno del castello di Versailles ma le fu rifiutato l'accesso. Fortunatamente, grazie a Jacqueline Kennedy, sua amica e ammiratrice, le fu concesso il permesso di scattare delle foto durante la ristrutturazione del castello. La Turbeville trascorse l'intero inverno a Versailles e ciò che ne trasse fu una serie di immagini spettrali, eleganti, nebulose, immerse in una atmosfera decadente ed onirica.

La fotografa privilegiò le stanze inutilizzate della reggia rimaste immutate, cospargendo i pavimenti di foglie autunnali per sottolinearne l'abbandono e l'incuria.

Nel 1981 la Turbeville presentò il suo lavoro nel libro "Unseen Versailles".

lunedì 14 novembre 2022

La contessa de Feuillide, la cugina "esotica" ed eccentrica di Jane Austen

Eliza Capot in una miniatura
Nel film "Becoming Jane", viene a tratti accennata la figura della ricca cugina vedova di Jane Austen, Eliza Capot, Contessa de Feullide, interpretata dall'attrice Lucy Cohu.

Eliza, nata Hancock, fu cugina di primo grado e più tardi cognata, della scrittrice. Si ritiene che sia stata fonte di ispirazione per una serie di opere della Austen, come Lady Susan (protagonista dell'omonimo romanzo epistolare) e Mary Crawford, tra i protagonisti principali di Mansfield Park. 

Nata a Calcutta, da Tysoe Saul Hanchok un chirurgo che aveva seguito in India la Compagnia inglese delle Indie Orientali, e da Philadelphia Austen, sorella del reverendo George Austen, padre di Jane, Eliza si trasferì nel 1765 in Inghilterra con la famiglia e nel 1779 in Francia con la madre stabilendosi nella Parigi cosmopolita. Fu qui che Eliza incontrò il suo futuro marito Jean-François Capot de Feuillide, descritto come audace, accattivante e affascinante con la reputazione di essere uno degli uomini più belli del suo tempo. Quando Eliza lo incontrò, si era affermato come capitano del reggimento dei dragoni della regina autotitolandosi conte di Feuillide anche se non era conte ma semplicemente figlio di un avvocato di provincia ex sindaco di Nérac.

Eliza gli fu presentata come erede di incommensurabili ricchezze perché l'abile madre aveva fatto sapere in tutta Parigi che la ragazza era figlioccia di Lord Hastings, Governatore delle Indie, che qualcuno ancora oggi indica come il vero padre di Eliza. 

Tysoe Saul Hancock ritratto con la moglie Philadelphia Austen, la piccola Eliza e la domestica indiana Clarinda in un dipinto di Sir Joshua Reynolds, 1763

Eppure, né Feuillide né Eliza erano nobili o ricchi come si pensava. Per quanto riguarda lo stato finanziario di Feuillide, quando suo padre morì nel 1779, non ricevette la quantità di terra o ricchezza prevista. Inoltre, la tenuta di 5.000 acri che possedeva era un'inutile palude che aveva acquisito a causa della posizione di suo padre nel dipartimento forestale. Per essere di qualche valore, doveva essere prosciugato e convertito in terreno agricolo e il conte non aveva i soldi necessari per portare a termine il compito a meno che non avesse sposato una ricca ereditiera, ed Eliza che aveva ricevuto in eredità dal padrino il generoso dono di 10.000 sterline, era la donna che faceva al caso suo.

giovedì 10 novembre 2022

La Rosa di Mittau

Questo dipinto di Jean-Charles Tardieu-Cochin intitolato "La Rosa di Mittau", oggi conservato presso il Museo di Versailles, fu realizzato nel 1816 in piena Restaurazione per commemorare un episodio avvenuto nel 1799 a Mittau, dove la famiglia reale si trovava in esilio.


Esposto al Salon nel 1817, il dipinto presentava la seguente nota nel libretto: "Durante il soggiorno che Luigi XVIII fece a Mittau (nel 1799), questo principe si degnò di coronare con le sue mani una "rosière". Si narra che la giovane vergine, dopo essersi inchinata rispettosamente sotto il diadema di rose che il monarca le poneva sulla fronte, gli disse queste parole profetiche: "Sire, che Dio ve la restituisca". 

Ma che cosa si intendeva per "rosière"?